Il 5 novembre del 2005. a 37 anni, correvo la mia prima maratona; a New York.
Non avevo praticamente nessuna esperienza podistica se non gli allenamenti che facevo due o tre volte alla settimana con il gruppo della palestra. A questi si era aggiunta una "preparazione specifica" per la maratona consistente in un aumento progressivo dei chilometri settimanali e nell'introduzione di qualche "lungo". Non ricordo di aver mai superato i 27 chilometri.
Chiusi la gara in 4:59:36, in condizioni disastrose dopo aver alternato corsa e camminata per tutto il percorso. Dopo la gara cercai di dormire ma inutilmente, i dolori alle gambe erano troppo forti. Mi trascinai la sera a cena zoppicando vistosamente. Continuai a camminare con difficoltà per giorni.
Una storia abbastanza banale, in realtà; la storia di tanti maratoneti che sfidano la distanza in una grande manifestazione, supportati solo dalla inconsapevolezza e dalla voglia di sopravvivere per raccontarlo.
Passarono dodici anni.
Nel 2017 corsi un'altra maratona, a Francoforte. Avevo 49 anni.
Chiusi in 2:57:45.
Dopo la gara andammo con i compagni di viaggio in giro per la città in cerca di un ristorante. Avvertivo un po' di stanchezza ma niente di ché.
Dodici anni più vecchio, due ore in meno sulla maratona. Cosa era successo?
Ecco, in questo post vorrei cercare di spiegarlo. Non sono un allenatore nè un preparatore atletico nè un nutrizionista, per cui le considerazioni che farò non vanno prese in senso prescrittivo. Semplicemente racconto come ho fatto.
Avvicinamento
Tra il 2005 e il 2017 non sono rimasto fermo: ho corso circa altre 25 maratone. I tempi miglioravano rispetto all'esordio di New York, passando prima a 4 ore, poi a 3 ore e 30, poi a 3 ore e 15 minuti.
Tempi rispettabilissimi che mi allineavano con la media dei maratoneti miei coetanei, anzi diciamo che ero inserito tra quelli "veloci".
La maggior parte dei miei compagni di corsa per la verità aveva progressivamente abbandonato la maratona spostandosi su distanze più brevi ma soprattutto dandosi al triathlon.
Li capivo benissimo: continuare ad allenarsi senza miglioramenti visibili è poco motivante.
Io continuavo soprattutto perché associavo le maratone ai viaggi, il che rendeva il tutto più divertente.
Nel 2016 decisi però di dare una scossa alla routine e di pormi un obiettivo vero: correre la maratona sotto le 3 ore.
Come fare? Un approccio empirico
Leggendo le varie tabelle reperibili su Internet emergeva un quadro sconfortante. Le 3 ore costituivano il Sacro Graal della Maratona e richiedevano un salto di qualità assoluto. Le tabelle di allenamento proposte prevedevano 6 sedute settimanali con un chilometraggio da semi-professionista.
Avevo già provato a aumentare le sedute di allenamento e i chilometri, arrivando (Chicago 2015) al mio personale di 3:15:11. Ben distante dall'obiettivo.
Non mi sembrava possibile aumentare ancora i chilometri o le sedute di allenamento.
Così decisi di rifondare cartesianamente la modalità di preparare la maratona: ripartendo da zero e ragionando cercando di prendere il meglio dall'esperienza maturata.
In primo luogo, un po' di matematica. Per correre la maratona in 3 ore bisogna tenere una media di 4 minuti e 15 al secondo. In realtà un po' meno visto che mediamente una maratona è lunga 42 chilometri e 400 metri (il percorso che si tiene effettivamente non è mai quello ottimale).
Lo chiameremo ritmo gara, tra 4:15 e 4:12.
Poi, un po' di esperienza - dodici anni di gare mi avevano insegnato un po' di cose.
Le cito alla rinfusa, senza un ordine particolare:
- La maratona è una corsa per specialisti. Tutte le discipline dell'atletica lo sono in qualche misura ma la maratona è particolare. Intanto è l'unica gara dove (con pochissime eccezioni) non si fa mai in allenamento tutta la distanza. Di conseguenza le tabelle di preparazione per la maratona comprendono diversi tipi di allenamento, anzi tipi di allenamento diversi dalla gara. Questi allenamenti però non sono autonomi ma devono sempre essere riportati all'obiettivo finale. Le ripetute veloci servono a fare più velocemente i medi e i medi veloci servono a velocizzare i lunghi. Come dice Lucio Dalla "La vita è una catena. Qualche volta fa un po' male..."
- Il quesito di base "A che velocità si corre la maratona?" che alimenta discussioni interminabili è in realtà molto semplice: la velocità che si terrà in gara non si discosterà di molto da quella dei lunghi. Come dicono i Ratt "What you give is what you get"
- Per correre 42 chilometri a 4:15 bisogna che questa velocità sia - se non di tutto riposo - almeno sostenibile senza particolari sforzi. Deve essere quindi una velocità di recupero. Correre più lentamente non serve.
Conclusione 1: A parte il riscaldamento, si corre a ritmo gara o più veloce.
Da qui i primi due tipi di allenamento:
- Medio Con Variazioni: corsa a ritmo gara con varianti più veloci.
- Velocità: ripetute dai 500 mt ai 1500 mt e recupero da fermo. La velocità di picco non è mai quella massimale, si arriva intorno ai 3:45 al chilometro per le ripetute da 1 chilometro e 3:35 per quelle da 500 mt.
Ma l'esperienza e l'analisi retrospettiva degli allenamenti passati mi ha portato a considerare che si tratta di una affermazione da prendere alla lettera, nel senso che:
- la quantità di allenamento alla fine è un parametro, una costante. Passare da tre a quattro sedute settimanali è sicuramente un salto di qualità fondamentale ma arrivare a sei o sette costituisce una scelta di vita e di priorità molto forte. Significa diventare dei semi-professionisti ma a quel punto bisogna farsi seguire da un allenatore e quasi reimpostare la propria esistenza. Alla fine non ci si riesce o ci si riesce per brevi periodi.
- gran parte dell'allenamento che si fa a bassa velocità e che Albanesi - come peraltro molti altri allenatori - sconsiglia in realtà non serve a aumentare le prestazioni ma a controllare il peso. Da questo punto di vista anche il metodo FIRST trova la sua efficacia nel controllo del peso tramite il cross training, mentre gli allenamenti effettivamente qualificanti sono tre a settimana e con relativamente pochi chilometri.
Conclusione 2: Il peso si gestisce con l'alimentazione e non correndo a bassa velocità.
Da qui il terzo tipo di allenamento: progressivo con partenza a ritmo gara e poi più veloce.
Infine, il quarto tipo di allenamento, il più classico, il lungo. Che sia l'allenamento chiave della preparazione è fuor di dubbio. Ma a che velocità correrlo? Qui le scuole di pensiero abbondano ma se si scava un po' emerge l'equivoco già individuato: correre a una velocità inferiore al ritmo gara non è funzionale al miglioramento diretto delle prestazioni ma a gestire le problematiche del peso. Correre a un ritmo più lento del ritmo gara contribuisce al dimagrimento e consente di arrivare più leggeri alla gara.
Se però il peso è già a posto, il lungo si corre come prova generale della maratona, ossia a ritmo gara.
Conclusione 3: il lungo è come la gara, con una distanza più breve.
Corollario della Conclusione 3: il lungo è una metafora della gara. Si corre su percorsi simili a quello di gara (piatto, collinare ecc.) e dopo un mini-scarico (di solito 2 giorni di riposo).
Nota al Corollario della Conclusione 3: qualcuno sostiene che fare il lungo "da stanchi" è più allenante. Certo, è vero; così come è più allenante farlo tutto in salita. Ma così perde la sua natura di avvicinamento alle condizioni di gara.
Cicli e periodi
I quattro tipi di allenamento seguono logiche simili ma complementari.
In linea di massimo con l'avvicinarsi della gara si fanno più lunghi e medi e meno velocità.
Tuttavia la velocità non scompare mai ma tende a diventare a sua volta un allenamento di resistenza alla velocità.
La seguente tabella dà una idea:
Corollario della Conclusione 3: il lungo è una metafora della gara. Si corre su percorsi simili a quello di gara (piatto, collinare ecc.) e dopo un mini-scarico (di solito 2 giorni di riposo).
Nota al Corollario della Conclusione 3: qualcuno sostiene che fare il lungo "da stanchi" è più allenante. Certo, è vero; così come è più allenante farlo tutto in salita. Ma così perde la sua natura di avvicinamento alle condizioni di gara.
Cicli e periodi
I quattro tipi di allenamento seguono logiche simili ma complementari.
In linea di massimo con l'avvicinarsi della gara si fanno più lunghi e medi e meno velocità.
Tuttavia la velocità non scompare mai ma tende a diventare a sua volta un allenamento di resistenza alla velocità.
La seguente tabella dà una idea:
La tabella non è di immediata lettura ma una volta capito il funzionamento chiarisce bene gli aspetti fondamentali.
- Le righe colorate indicano i tipi di allenamento.
- Le colonne indicano le settimane: quattro allenamenti a settimana.
- Dentro il grafico sono indicati i chilometri per ogni allenamento; questo dà il senso dell'impegno richiesto ma naturalmente i chilometri non sono tutti uguali e devono essere fatti in funzione del tipo di allenamento
- In basso sono indicati i chilometri per settimana. Non torna il totale? Questo perché l'uscita minima è di 12 chilometri. Gli allenamneti di velocità hanno tutti una parte finale a ritmo gara sino al completamento dei 12 chilometri.
- I 21 chilometri del lungo possono essere fatti come gara di mezza maratona.
Riepilogo i tipi di allenamento:
Velocità | 2, 5 km di riscaldamento, poi
ripetute con recupero di 90 secondi da fermo. Totale km: 12, i rimanenti a
ritmo gara. |
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Medio con variazioni | 2,5 km di riscaldamento poi frazione breve a velocità più alta
di quella della gara di 10 o 15 secondi, poi frazione lunga a velocità gara
che diventa la velocità di recupero |
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Medio progressivo | 2,5 km di riscaldamento poi a ritmo gara per 5 km poi in progressione |
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Lungo | 2,5 di riscaldamento, 7,5 a ritmo maratona + 15 secondi, i rimanenti a ritmo maratona |
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